venerdì 11 gennaio 2013

Il Dio Confuso

by Massimo Enzo Grandi

Il termine Dio è spesso usato in modo confuso e inappropriato. Difficilmente infatti si può avere la certezza che il nostro interlocutore sia in grado di riconoscere il Dio di cui stiamo parlando senza confonderlo con il Dio in cui fermamente crede (o non crede) o di cui lui abbia sempre sentito parlare. Solitamente già questa asserzione porta una persona “monoteista” a fraintendere quanto detto credendo di leggere tra le righe l’esistenza di più Dei. Dal canto suo un “politeista” invece riconosce chiaramente ciò che ha sempre ritenuto, cioè che esistano più di un Dio in forma separata, ma veramente non è neppure questa la giusta interpretazione di quanto poc’anzi detto. L’ateo invece ha probabilmente già evitato accuratamente di leggere un testo con il titolo di “Dio Confuso”, a meno che non abbia creduto di trovare un campo fertile per dar sfogo alle sue colpevolizzazioni verso le religioni, le chiese e soprattutto verso quel Dio in cui non può assolutamente credere.

In molti dei miei testi uso questo “termine”, questa definizione, esclusivamente nel contesto del discorso affrontato. Cercando però di “assecondare” l’idea di Dio usata in quella particolare situazione traggo forse in inganno il lettore che ritiene io stia confermandone la definizione data o intesa, e non riesce a percepire nel modo corretto di cosa io stia parlando e cosa stia esattamente dicendo.

In modo da chiarire il mio punto di vista – che si trova ovunque nell’infinito – cerco quindi di dare qui una definizione di cosa io veramente riesco a vedere, percepire e soprattutto comprendere con il termine Dio.

Che si parli di Javé, Elohim, Brahma, Zeus, Odino, Quezoalcoalt, un nome “impronunciabile” o segreto, tutti i nomi, il “mio” nome o qualsiasi termine si usi per definire Dio, è più che appariscente che si stia facendo riferimento a qualcuno (o qualcosa) che abbia effettivamente e volontariamente provveduto alla creazione del tutto con la propria volontà, dunque consapevolmente e con metodo.

Come prima cosa tengo a precisare che il “mio Dio” – cioè ciò che personalmente intendo quando ne faccio riferimento – non è assolutamente un essere a sé stante. Non è un essere che ha creato un Universo con il solo scopo di soggiogarlo a suo piacimento punendo chi non segue le sue direttive e premiando chi invece le segue. Cioè non è quell’essere rappresentato come un vecchio canuto dall’iconografia classica.

Le direttive (o leggi) che si attribuiscono ad un simile Dio sono state scritte da semplici uomini avvalendosi della dichiarazione che giungessero da un’entità superiore che ha scelto loro e la loro stirpe quali messaggeri di salvezza per l’umanità, a volte con la convinzione fosse semplicemente così e a volte invece con dei propositi ben precisi.

In molti casi queste leggi potrebbero essere sintetizzate in qualche semplice “comandamento” che soprattutto implica una morale che non entri in contrasto con il nostro prossimo (o con ciò che riteniamo il nostro prossimo, ma questo è un discorso che ho già trattato separatamente). Sono quindi punti che si possono considerare “giusti” e… diciamo pure di una certa “elevatura spirituale”. Tutto quanto dunque viene largamente aggiunto in voluminosi tomi di migliaia di pagine per la maggior parte è puramente frutto di fantasie (per alcuni addirittura cospirazioni) e forse in alcuni casi anche farneticazioni.

Finché quindi un individuo basa la sua idea su Dio in base a ciò che gli viene insegnato, detto, raccontato o inculcato, avrà sempre difficoltà a percepire questa entità creatrice nel suo vero e unico “modo di essere Dio”. La sua idea sarà dunque “contaminata” da falsità che lo portano ad allontanarsi da quella “realtà” che invece è così semplice che “solo i bambini sanno vederla chiaramente”.

Anche chi si accanisce contro l’idea dell’esistenza di un Dio e asserisce che siamo noi stessi gli artefici della nostra vita, anche se sta dicendo il vero in fondo si lascia illudere da convinzioni materialistiche ed egoistiche. Ma non per il fatto di sentirsi più importanti di un possibile Dio, bensì per il fatto che spesso, a sua volta pretende di imporre il suo “punto di vista” (comunque anche questo ovunque nell’infinito) a chi invece potrebbe avere un’idea di “Dio” proprio come entità insita in noi stessi, nel nostro corpo, nella mente e nel “cuore”.

Non nego che anch’io – molti, ma molti anni fa – credevo al Dio cattolico Cristiano raffigurato dall’iconografia classica come un “umano” attempato, burbero, severo e vendicativo che da qualche millennio aveva smesso di parlarci e condurci per mano verso il “Paradiso”, questo grazie ai nostri peccati che commettiamo in continuazione. Poi sono iniziate le domande, i confronti con “gli Dei” di altre religioni, le ricerce della Verità tra le varie verità assolute che in tanti cercano di propinare condite dalle più svariate salse.

Non è che abbia comunque affrontato chissà quali studi. Mi sono accontentato, e mi accontento tuttora, di leggere tutto quanto abbia potuto attirare la mia attenzione. Cercando per altro di non lasciarmi condizionare troppo da questa idea piuttosto che dall’altra – ma semplicemente cercando di capire cosa stessero “dicendomi” i vari autori, i vari personaggi o le più disparate “entità” – ho assimilato un discreto bagaglio di informazioni (tengo a precisare “assimilato” e non “imparato a memoria”, quindi dati presenti a livello più inconscio) che secondo la mia mente “logica” sono state catalogate come possibili, probabili, fattibili e, soprattutto sensate e sperimentabili direttamente.

Oltre naturalmente alle nozioni Cattoliche e Bibliche, queste mie ricerche mi hanno portato a toccare sia le filosofie indiane (induismo, brahmanesimo ecc.) e il buddhismo, Rosacroce, la Golden Dawn, Alchemia. Ho toccato argomenti di etica, filosofia, teologia, teosofia, dottrine segrete e non, princîpi dei quanti e dei pochi, la teoria delle stringhe (orribilmente tradotto dall’inglese “string”), la legge di attrazione, neurologia (a livello amatoriale ma comunque esaustivo),  l’evoluzione secondo Darwin, psicologia Freud-Junghiana, parapsicologia, lo spiritismo a partire da Allan Kardek, scienze occulte, Kinesiologia, EFT, Brain Gym e Touch for healt, pranoterapia, mesmerismo, Ho-oponopono, e poi ancora le varie divinazioni come i tarocchi, I Ching, la sfera di cristallo. Ho toccato anche argomenti come la scrittura automatica, sia personalmente (vedi alcuni estratti in Domande e Risposte) che tramite altri “autori” come Neale Donald Walch. Poi anche fenomeni di channeling soprattutto riferiti a Edgard Cayce, Abraham-Hicks, Ramtha-Knight, per non parlare anche di personaggi come Roberto Assagioli e Giuseppe Filipponio, Richard Bach, Pitagora, Michael Ende, Walt Disney, Erick Von Däniken, Platone, Giordano Bruno, Van der Leeuw, Leadbeater, Sai Baba, ma anche come Aleister Crowley ecc. Dulcis in fundus (ma abbastanza in fundo) anche qualche ricerca e interesse sull’ufologia (UFO e USO). Insomma, chi più ne ha più ne metta.

Diciamo che di tutto quanto ho indicato è rimasto attaccato qualcosa al mio modo di pensare, vedere, ascoltare. A volte già a me stesso appare confuso, ma poi riesco a riallacciare le mie opinioni ad almeno più di una di queste esperienze. Quindi mi sono fatto un’infarinatura di tutto un po’ senza per altro avere preferenze o diventare “specialista” in un ramo piuttosto che in un altro. Praticamente un po’ come quel mio amico francese purtroppo scomparso (Dominique Gonelle) che un giorno mi disse: “Voi svizzeri parlate molte lingue, ma nessuna in modo corretto” (e questo si può forse anche notare dal mio italiano, lol), ecco, lo stesso vale per le mie conoscenze, quindi facilmente potrei anche confondere un nome con un altro, oppure faccio abbinamenti con le altre lingue che conosco (appunto non in modo perfetto) e potrei dare l’impressione di non sapere cosa dico o di parlare a vanvera. Quindi chiedo scusa già in anticipo…

Per concludere quindi: quando io dico “Dio” intendo qualsiasi qualità ne possa emergere nelle varie possibilità di descrizione, tranne naturalmente quella dell’umano attempato. Se da qualche parte per esempio dico che “Dio disse ad Abramo di sacrificare Isacco” (Genesi, 22-13), non è tanto per dar valore e riconoscimento a un Dio esteriore che vuole mettere alla prova l’ubbidienza di un suo fedele servitore, bensì per portare un esempio di “pensiero fuorviante” che potrebbe sorgere dal nostro intimo oppure potrebbe addirittura esserci suggerito da terze persone con l’intento di soggiogarci ai loro desideri, quel pensiero cioè che porta a compiere atti insensati – purtroppo spesso anche con esiti drammatici – credendo di compiere il “volere di Dio”. Lo stesso dunque vale anche per le citazioni mitologiche, poetiche, storiche, fantastiche ecc.

Nei miei vari blog dunque cerco di toccare i più svariati temi nel modo più serio e rispettoso possibile, in fondo comunque sono tutti collegati al mio “punto di vista ovunque nell’infinito”, e sono punti che non sono destinati a ferire il pensiero o l’idea di nessuno – se invece dovessero farlo, chi si sente ferito dovrebbe forse non prendere tutto così seriamente e accettare che al mondo esiste anche chi non la pensa così.

Personalmente ho un paio di piccoli motti che mi piace ricordare:

“Io sono responsabile per ciò che dico, non per ciò che capisci”

“Il bello delle nostre convinzioni è che le possiamo cambiare quando vogliamo”

Cioè con queste due frasi intendo sottolineare che la mia intenzione di dire le cose ha una base che cerco di esprimere al meglio e in modo chiaro, e se qualcuno non riesce ad afferrarla è perché non vuole vederla e trova tutte le scuse possibili per “annullarla”. Inoltre, e non meno importante, tengo a precisare che ciò che io dico è esclusivamente il risultato di un mio pensiero logico costruito fino a quel momento, se un domani quindi subentrano altri elementi che mi convincono vi siano altri sbocchi sono il primo ad accettarli e portarli avanti. Guai se mi fermassi alla prima osteria dove ho trovato il vino buono, può benissimo essere che in altre ve ne sia di migliore.

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