domenica 6 gennaio 2013

L'ora X

(di Massimo Enzo Grandi - marzo 2011)

Mentre la mia mente si immerge in pensieri dall'apparenza insignificante, il battito del tempo del pendolo in salotto continua a scandire l'esistenza di una verità molto spesso discussa.

Lievi rumori si insinuano dalle finestre aperte quasi a gridare che non sono solo, che non sono unico. Mi affaccio a scrutare quei movimenti tra gli alberi ed osservo, all'orizzonte, lo sfrecciare di piccole vetture guidate da minuscole esistenze ed attendo che giunga, in ritardo, il loro lieve rumore.

Teorie Einsteiniane cominciano a pervadere il mio corpo mentale allontanando, impercettivamente, le banalità di pensieri di comodo ed aiutandomi a riprendere il regolare controllo della tensione nervosa.

La pressione su di un tasto... ed ecco che suoni striduli ed incomprensibili attaccano l'eterico ed il fisico. Cambiando i canali scorrono vecchi e nuovi suoni: pensieri positivi perchè siamo vivi, lingue straniere che cantano, in modo apparentemente dolce, rapporti sessuali rubati con morbosità, suicidi, omicidi, irose accuse ...

Ecco i suoni di un'orchestra classica ... interpreta compositori con buone possibilità di rimanere eterni ... proprio l'ideale per riflettere, su ciò che è il mio adesso, senza offuscarmi con remote, inutili situazioni.

Non ho bisogno di coordinare corpo e mente, è un fatto automatico, perché allora non riesco a coordinare mente e universo? In fondo è la stessa cosa. Cos'è che inibisce questo contatto impedendomi di migliorare il mio essere avvicinandolo appieno a ciò che è la vita?

Come un paradosso, mi rispondo che è proprio la vita stessa, o meglio come questa è solitamente intesa, cioè un tutt'uno con la materia ... ma non è così; un corpo è morto quando la vita lo abbandona per tornare da dove è venuta.

Passo davanti allo specchio e ne rimango prigioniero, vedo solo un corpo ma non vedo me. Per fortuna sò di esistere, sò di avere a disposizione oggetti che servono per esprimermi ... polmoni, corde vocali, lingua, labbra per emettere suoni articolando parole che esprimono il mio pensiero. Cosa potrei vedere se non ho gli occhi? Per quale motivo ho scelto un corpo che trascuro, avveleno con cibi che gli sono dannosi? Forse che faccio il pieno di coca cola alla macchina? Nessuno lo farebbe, e chi lo avesse provato di sicuro non continua a farlo!

Mi sforzo a sorridere alla mia immagine ma è solo un'interpretazione di quello che dovrebbe essere ... ma che cosa dovrebbe essere?

Mi allontano da quella trappola che riflette solo una parte del mondo, la meno importante; una trappola che ha creato incredibili problemi a menti deboli come quella di Narciso o di Grimilde nella favola di Biancaneve.

Decisamente non è giornata, ogni cosa mi appare inutile o addirittura pericolosa, tanto da spegnere anche le note della radio.

Chiedo a Dio di lasciarmi sparire, ma continuo ad essere presente in questo corpo, succube di pensieri inquinati dal mondo. Il mio sé grida aiuto nel silenzio di dimensioni parallele, non vuole lasciarsi corrompere ulteriormente dalle materializzazioni elementali, aleatorie ed apparentemente inutili; stà creandosi in me il rifiuto della mia parte "umana", e non stò commettendo peccato, perché aspiro al regno che venne promesso dal Cristo, che ha fatto di tutto per insegnarci a vivere nel nostro corpo e non "con" il nostro corpo.

Mi trovo in un veicolo che vorrei cambiare, ma ho ormai desistito nella ricerca di un concessionario; sò benissimo che non è il veicolo da cambiare, bensì l'energia che lo tiene in una forma ... Difficile!

Hm!? ma in fondo cosa sono? Ho già scoperto di non essere il corpo materiale, però ho spesso gli istinti legati a questa mente, sempre che corpo e mente siano di pari concezione.

... ma... chi è questo "Io" che mi fà fare queste idiozie?

Vado con un le note di un CD. Un'anima cerca di farsi sentire e con me ci riesce; una registrazione del passato contatta il mio presente, quasi a rispondere al grido d'aiuto del mio sé. Ecco, così vorrei essere sempre, morto nel corpo e vivo nell'anima che galleggia nel buono, sospesa in un vuoto visivo pieno di energia sensoriale, di eternità.

Faccio scorta di vibrazioni, immagazzino tutto quanto ci stà in questo limitato involucro. Mi sento come avessi appena terminato il cenone di capodanno, da scoppiare, però non ancora sazio; vorrei veramente scoppiare, dilaniare la mia inutile carne con il solo pensiero. Potrei forse così vagare nell'infinito e sentire cantare gli angeli, non più lo stridio della dannazione.

Niente più ... di niente.

M. Grandi

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